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Rinvaso di una pianta: come e quando effettuarlo

Rinvaso di una Pianta: Come e Quando Effettuarlo

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 3 – Aggiornato il 21 Feb

Il rinvaso di una pianta, questa strana operazione che sembra l’azione più facile da fare quando si compra una pianta, la si da’ quasi per scontata. Si prende un vaso più grande, si aggiunge un po’ di terriccio, e via! Chi di noi, piccoli plantlovers, non l’ha mai pensato?! Eppure, rinvasare una pianta non è per niente un’operazione semplice. Non tanto per il fatto di dover estrarre fisicamente una pianta ed inserirla in un altro vaso, quanto per il fatto che un rinvaso fatto male, non considerando i giusti fattori, può dare seri problemi alla vostra pianta. Vi è mai capitato di avere una pianta che in vaso originale, come da acquisto, andasse bene, salvo poi deperire progressivamente dopo averla rinvasata? A me sì! Questo articolo è frutto della mia esperienza personale, scandita da errori, apprendimenti e successi nei rinvasi di piante da interno (e non solo).

Quando effettuare il rinvaso

Cominciamo dal “quando” si rinvasa. E mi riferisco a due aspetti: il momento in cui la pianta ha bisogno di un rinvaso e il periodo dell’anno in cui farlo. In relazione al primo punto, i fattori che ci obbligano ad effettuare il rinvaso di una pianta sono i seguenti:

Vaso troppo piccolo

Tutte le piante che teniamo in vaso sono costrette a vivere in uno spazio a loro non congeniale, una sorta di prigione. Brutto come concetto, vero? Eppure è la realtà. Tutte loro, in natura, sono libere di spaziare e di far crescere le loro radici dove e quanto vogliono. Nei vasi in cui le teniamo non è così. Le radici crescono comunque, ma lo fanno in un ambiente ristretto, a volte facendo più e più giri lungo le pareti del vaso. Se poi le radici arrivano ad uscire dai fori di drenaggio sul fondo del vaso, dovrete stare super attente/i a non lasciare acqua nel sottovaso; da lì potrebbe partire del marciume radicale in grado di compromettere l’intera pianta. Se le radici, appunto, escono dai fori di drenaggio la pianta va rinvasata. Se non è così, una volta l’anno provate ad estrarla dal vaso, a terreno asciutto, e date un’occhiata alle radici: se disegnano cerchi lunghi chilometri tutto attorno al panetto di terra, beh, anche in questo caso è ora del rinvaso!

Substrato di coltivazione non adatto

Quando compriamo una pianta, con il terriccio ci può andare bene o ci può andare male. Il fatto che il terriccio o substrato di coltivazione non sia adatto non vuol dire necessariamente che la pianta avrà seri problemi di salute, almeno non nell’immediato. L’effetto più soft è una crescita non ottimale, stentata, nonostante le giuste condizioni atmosferiche che siete in grado di garantirle. L’effetto peggiore, che si presenta con il tempo, può essere duplice: marciume radicale, se il terriccio non è abbastanza drenante e quindi tende a rimanere tremendamente umido per troppo tempo; secchezza, se al contrario il terriccio non trattiene umidità a sufficienza. Sono due casi opposti ma facilmente individuabili. Se innaffiate e dopo 3 settimane il terreno è ancora molto umido, trattiene troppa acqua; se invece quando innaffiate l’acqua esce subito dai fori di drenaggio del vaso ma il terriccio fa fatica ad assorbirla, vuol dire che è troppo secco e vecchio. Comunque, spesso le piante vengono vendute in un mix di terra adeguato, per fortuna; il problema in questo caso potreste essere voi stesse/i, nel momento in cui decidete di fare un rinvaso! La scelta del substrato è fondamentale, lo vedremo più avanti.

Perchè la primavera è il periodo migliore per rinvasare una pianta

Decantata da tutti come la stagione unica e assoluta in cui poter fare qualsiasi cosa alle proprie piante, la primavera è LA stagione. Ora, per alcuni aspetti è tutto vero, ma per altri, come ad esempio il rinvaso, non lo è, o perlomeno non è così fondamentale. Il motivo per cui la primavera viene spinta come stagione in cui effettuare i rinvasi è una solo: la capacità di ripresa della pianta. Quando effettuiamo un rinvaso, infatti, stiamo sottoponendo la pianta ad un piccolo shock: radici esposte, spesso spezzate in più punti, cambio di micro-clima per qualche minuto, nuovo mix di terra. Già, ma quanto può essere duro questo shock? Se fate le cose per bene, è superabilissimo. Se fate le cose così e così o non vi sentite sicure/i, beh, meglio aspettare la primavera. Con la stagione della rinascita, la pianta entra nella fase vegetativa, le radici crescono più facilmente, e risulta quindi più semplice far riprendere ed assestare la vostra pianta nel suo nuovo vasetto. Se però avete una pianta che soffre o che rischia seriamente di soffrire e vi trovate in pieno inverno, beh, va bene lo stesso. Meglio effettuare il rinvaso, se può aiutarla a stare meglio, non ci sono stagioni che tengano.

La scelta del vaso: dimensioni e materiale

La scelta del vaso, quando si effettua un rinvaso, è molto importante. La parola chiave da avere in mente è gradualità. Per tutte le piante, vale cioè la regola di scegliere, ad ogni rinvaso, un contenitore leggermente più grande del precedente. Roba di 2-3 cm di diametro. Questo perchè, nel caso mettessimo una pianta in un vaso troppo più grande rispetto al suo apparato radicale, il substrato che riempie questa superficie extra rimarrebbe troppo umido e per troppo tempo, esponendo la pianta al rischio di marciume radicale. Dove ci sono radici infatti, l’acqua viene assorbita, dove non ce ne sono, invece, bisogna aspettare che si asciughi da sola. Parlando di materiali, poi, terracotta e, un pò meno, la ceramica, sono traspiranti, eliminano cioè l’umidità in eccesso dalle pareti; sono quindi ottimi per la coltivazione di piante grasse. I vasi in plastica, invece, non traspirano. Comunque, una cosa che, a mio avviso, deve sempre esserci è un drenaggio, assicurato da fori sul fondo. Solo così, quando si annaffia, l’acqua in eccesso defluisce. Per un approfondimento maggiore sulla tematica “vasi da scegliere per il rinvaso”, leggete questo articolo.

La scelta del giusto mix di terra

Eccoci arrivati al punto cruciale di questo articolo. La scelta del mix adatto è FONDAMENTALE per la salute e la crescita delle vostre piante. Gli elementi su cui valutare un mix di terra sono 3: la ricchezza di elementi nutritivi, la capacità drenante, il grado di arieggiamento. Vediamoli nel dettaglio.

Apporto nutritivo

Diciamo subito che questo elemento è il meno importante, semplicemente perché l’apporto nutritivo lo diamo con il concime. Un buon concime liquido somministrato con le dosi e i tempi giusti è più che sufficiente per nutrire le vostre piante. Se proprio volete dare un boost all’assorbimento dei nutrienti garantiti dal concime liquido, potete utilizzare della zeolite nel vostro mix di terra. La zeolite è un minerale leggero e poroso che ha la funzione di trattenere i nutrienti e rilasciarli gradualmente, garantendo alla pianta un nutrimento costante. Ovviamente, potrete sempre prevedere l’utilizzo di un concime granulare a lento rilascio, nel vostro terreno, in sostituzione del concime liquido e della zeolite. In ogni caso, un terreno senza zeolite e senza concime a lento rilascio, funzionerà lo stesso, a patto che utilizziate, quando serve, un buon concime liquido.

Capacità drenante

Questo è l’aspetto più importante da considerare quando predisponete il mix nel quale rinvasare le vostre piante. Per molte piante, si sa, avere un terriccio che rimane molto umido per diversi giorni, non è un bene. Non va bene neanche per quelle a cui si pensa che piaccia avere il terreno umido (tipo Calatee, Alocasie, etc.). No! Il terriccio, per queste piante, deve garantire un certo livello di umidità, che dev’essere, semmai, discreto e costante. Per le piante grasse invece il terriccio deve potersi asciugare rapidamente. Esigenze diverse insomma. E per esigenze diverse ci sono elementi diversi:

  • Chips e Fibra di Cocco: componenti leggeri che si mantengono discretamente umidi, una volta bagnati. Non si compattano fra loro e occupando un discreto spazio, garantiscono un buon arieggiamento.
  • Perlite e Pomice: materiali porosi, in grado di farsi attraversare dall’acqua e di trattenerne la giusta quantità da rilasciare nei giorni successivi; fondamentali per mantenere il giusto livello di umidità. Si può usare l’uno o l’altro, a me piace usarli entrambi.
  • Bark: ricavato dalla corteccia di pino, aiuta a creare spazi nel terreno, aumentando il grado di traspirazione ed evitando che le radici soffochino. Meno impermeabile della fibra di cocco, ma più facilmente asciugabile del terriccio vero e proprio.
  • Orchiata: fratello maggiore del bark, da utilizzare per rinvasi di piante importanti.
  • Terriccio universale: eh sì, c’è anche lui, per fortuna. L’unico elemento che fa fatica ad asciugarsi e che al tempo stesso tende a compattarsi con l’umidità.
  • Sabbia: la conoscete tutti, povera di nutrienti, granulare e facile ad asciugarsi.

Gli ultimi due elementi sono tipici dei terricci per piante grasse, e vi dico la verità, si trovano decentemente mixati nei terricci pre-confezionati per piante grasse. Io mi trovo bene, e le mie succulente pure! L’unico elemento che mi piace aggiungere è della pomice, per aumentarne le caratteristiche di traspirazione.

Tutti gli altri elementi, uniti sempre al terriccio universale, funzionano molto bene mixati insieme, nel caso di quasi tutte le piante da interno che non siano grasse, come spiego in maniera approfondita in questo articolo. “Già” direte, “ma come li si dosa questi elementi?” La risposta è “dipende”. Dal tipo di pianta ovviamente, ma anche da quanto volete/potete starle dietro con le irrigazioni. Il terriccio universale è l’elemento che fa la differenza. Se pensate di avere momenti in cui non potrete innaffiare le vostre piante ogni 5 giorni (nei periodi più caldi), mettetene un po’ di più; in questo modo la vostra pianta avrà umidità sufficiente per qualche giorno in più. Altrimenti riducetene l’impiego. Diciamo comunque che, fino a quando vi mantenete sotto alla soglia del 30% di terriccio universale, le vostre piante tropicali stanno una bomba!

Grado di arieggiamento

Gli elementi che lo garantiscono bello elevato li abbiamo già citati, in realtà (fibra e chips di cocco, bark e orchiata). Per cui, in questa sede specificherò solo perché è importante arieggiare il terreno. Le dico in successione: più spazio e ossigeno per radici più in salute; maggiore capacità di asciugarsi per il terreno. Non serve altro.

Irrigare o no, prima del rinvaso?

Qui siamo ai dettagli. Ma, si sa, a volte i dettagli fanno la differenza. Irrigare la pianta prima di un rinvaso ha l’utilità di fornirle l’energia sufficiente a superare i giorni successivi al rinvaso. Subito dopo il rinvaso, infatti, è meglio non innaffiare. Il motivo è legato alle radici. Quando si rinvasa una pianta, è facile rompere qualche radice. Le “cicatrici” hanno bisogno di qualche giorno per rimarginarsi del tutto e, in questo intervallo di tempo, bisogna evitare che ci sia troppa umidità nei loro dintorni, per scongiurare l’insorgere di marciume radicale o, peggio ancora, di malattie fungine. È quindi molto utile innaffiare le piante destinate a rinvaso, 1-2 giorni prima del rinvaso stesso. In particolare, il riferimento è alle aracee, marantacee, e in generale tutte le piante diverse dalle succulente. Nel caso di queste ultime, infatti, avendo loro capacità di immagazzinamento idrico, e quindi di resistenza, molto elevate, si potrà anche evitare di irrigare prima del rinvaso.

Il rinvaso vero e proprio

Qui vi do una serie di informazioni abbastanza note: sistemate dei pezzi di coccio sul fondo del vaso, aiuteranno a mantenere il fondo asciutto (nel caso vi sbagliaste con la quantità di terriccio nel vostro vaso). Rimuovete tutta la terra vecchia dal panetto radici-terra; liberatele le radici, liberatele il più possibile dai grovigli formatisi col tempo (eliminate le radici marce, se ce ne sono). Deponete la vostra pianta al centro del vaso e riempitelo con il vostro mix fino alla tacca interna del vaso (un bordo in rilievo 2-3 cm sotto il bordo vero e proprio); fate in modo che la vostra pianta abbia solo le radici interrate, non anche mezzo-tronco! Stabilizzatela, attendete tutti i giorni necessari per procedere con la prima irrigazione, e il gioco è fatto!

Considerazioni Finali

Nulla da aggiungere, solo un GRAZIE per essere arrivate/i fino alla fine di quello che probabilmente è uno degli articoli più lunghi pubblicati su pianteincasa.com!

Massimo Tortorici

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Le 6 piante ricadenti che non possono mancare in casa

Le 6 Piante Ricadenti che non Possono Mancare in Casa

Scritto da Massimo Tortorici, 7 Feb 2022. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Quante volte vi è capitato di meravigliarvi ammirando una bella pianta ricadente appesa sopra il bancone di un bar, penzolante nella vetrina di un negozio, o posizionata a cascata in cima ad una libreria o su una mensola nel soggiorno di un’amica/o? Ora, 9 volte su 10 quella pianta è un “Epipremnum Aureum”, meglio noto come “Pothos”. Però di piante che hanno queste caratteristiche ce ne sono molte e vi assicuro che una volta che cominciate con una, difficilmente vi fermerete lì. Piuttosto, dovrete stare attenti a non farvi prendere la mano, potreste finire col montare una mensola al mese in giro per casa, solo per il gusto di posizionarci sopra la vostra nuova pianta ricadente. Eccovi qui le 6 ricadenti che non potete non avere!

Pothos

Partiamo dalla più diffusa. Perché lo è? Ovviamente perché è in assoluto una delle piante più facili da curare! Il Pothos è una pianta che regge abbastanza bene ad eventuali maltrattamenti. Che ci sia poca luce o troppa, che lo innaffiate troppo poco o eccessivamente, che si becchi sbalzi d’aria o sia esposto a 30 gradi fissi, il Pothos è in grado di reggere l’urto. Certo, non esagerate eh! E non pensate sia in grado di subire tutto ciò senza alcuna conseguenza. Però i rami spessi e robusti, le foglie turgide, il ritmo di crescita e soprattutto i nodi super reattivi, fanno del Pothos una pianta in grado di rigenerarsi facilmente, anche nelle condizioni più insperate. I nodi, sì, quelle protuberanze presenti sui rami praticamente in corrispondenza di ogni foglia: metteteli in acqua e spunteranno nuove radici dopo pochi giorni; tagliate il ramo poco sopra ad uno di essi e ne spunterà una nuova foglia, e quindi, un nuovo ramo. Per il resto, a livello decorativo nulla da dire: le foglie grandi e una buona velocità di crescita, vi permettono di riempire lo spazio aereo che desiderate in un tempo relativamente breve. La varietà più diffusa è quella base (Epipremnum Aureum), ma se volete colori più particolari, andate sul Pothos Neon, con foglie di un verde talmente chiaro da sembrare giallo, oppure sul Pothos Marble Queen, con foglie dalle striature bianche e delicate. Ne volete uno bicolore? In questo caso, prendete un Pothos ‘Njoy, foglie misto verde/panna irresistibili!

Pothos ‘Njoy
Pothos Marble Queen

Scindapsus Pictus

Una pianta molto simile alla precedente, talmente simile da aver dato il nome, per diversi anni (e tuttora accade spesso) all’Epipremnum Aureum, spesso chiamato Scindapsus Aureus. La realtà è che stiamo parlando di due piante diverse. Lo Scindapsus Pictus, in comune con il Pothos, ha solo la forma delle foglie, per il resto è tutto leggermente diverso, più delicato. I rami sono più sottili, la consistenza delle foglie diversa, i nodi più piccoli, le radici meno possenti. Anche il ritmo di crescita è più contenuto, più lento. Tutti questi aspetti potrebbero renderlo meno accattivante di un Pothos, ma in realtà l’eleganza delle foglie di Scindapsus Pictus ha pochi eguali. Le screziature argentate ne fanno in assoluto una delle piante più iconiche e, aggiungo, ipnotiche, degli ultimi anni. La varietà più diffusa è l’Argyraeus, che ha foglie con un buon bilanciamento verde scuro/argento, ma ci sono altre varietà, come l’Exotica o la Silver Splash, che possono garantirvi foglie più grandi e più sbilanciate sull’argento o sul verde, a seconda dei vostri gusti.

Philodendron Scandens

Eccoci al secondo sosia del Pothos. Foglie a forma di cuore, nodi reattivi, foglie nuove che vengono fuori ciascuna dalla precedente…però neanche questo è un Pothos! Il Philodendron Scandens è, come dice il nome, un membro della famiglia dei Filodendri. Il piccolino di casa non è però meno affascinante dei cugini gigantofolia. Anzi, ormai si è conquistato la sua porzione di pubblico. Nello specifico, due sono le varietà più conosciute, una l’opposto dell’altra, per definizione: il Philodendron Scandens Micans, dalle foglie verde scuro, un verde con riflessi di un lucido così particolari da far sembrare le foglie vellutate; il Philodendron Scandens Brazil, dalle foglie di un misto verde/giallo, dalle tonalità così accese da ricordare, appunto, i colori della bandiera brasiliana. Due varietà capaci di evocare emozioni profondamente diverse, ma proprio per questo, da avere in simultanea, per poterne godere a seconda dello stato d’animo del momento.

Scindapsus Pictus
Philodendron Scandens Brazil

Eschinanto

Qui si entra in un mondo diverso, rispetto a quello delle Aracee, famiglia alla quale appartengono le tre piante viste finora. L’Eschinanto non ha nodi sui suoi rami, condizione questa che non gli permette di poter crescere in verticale, aggrappandosi ad eventuali sostegni tramite le radici aeree nate dai nodi. L’Eschinanto è semplicemente ricadente. E tremendamente cespugliosa. Ce ne sono tante di varietà di Eschinanto, detto anche Aeschynanthus o “Pianta del Rossetto”. Perché? Per i suoi bellissimi fiori tubulari color rosso fuoco! La fioritura, che si verifica in pieno inverno, è sicuramente il punto di forza dell’Eschinanto. Anche le foglie di un bel verde acceso hanno il loro fascino. L’unico problema è mantenerle in salute. Spesso, per carenza di nutrienti o per l’assenza di una o più condizioni ideali, l’Escinanto (può essere chiamato anche così) può perdere le foglie su uno o più rami. In questo caso potateli e dove prima c’erano foglie spunterà qualche nuovo ramo, in grado di rinfoltire la vostra pianta. Quali sono le condizioni ideali? Tanta luce indiretta, un buon livello di umidità e acqua a sufficienza (niente ristagni nel sottovaso, mi raccomando).

Ceropegia Woodii

Eccoci arrivati a quella che forse è la pianta ricadente dall’aspetto più delicato: la Ceropegia Woodii! Amatissima per le sue foglioline a forma di cuoricino che spuntano dai rami esili, questa pianta non a caso viene anche chiamata “Collana di Cuori”. Come intensità di colore siamo sulle stesse frequenze dello Scindapsus Pictus, ma l’uso che ne va fatto è diverso. La Ceropegia Woodii, infatti, si presta molto bene ad essere appesa davanti ad una finestra (sopporta meglio il sole diretto, ma sempre meglio se la finestra è esposta a nord), o su una mensola, avendo foglie e rami piccoli. Lo sfondo chiaro è fondamentale per mettere in risalto le sue foglioline, su una libreria rischia di non risaltare come si deve. La Ceropegia Woodii è una pianta abbastanza semplice da tenere, basta non innaffiarla troppo. Meglio bagnarla per sub-irrigazione (30 minuti circa tramite sottovaso), per evitare che un terriccio troppo a lungo umido in superficie possa indurre marciume del colletto. Non avete scuse, lo spazio per lei lo trovate di sicuro.

Senecio Rowleyanus

Tra le piante proposte questa è di sicuro quella fuori dagli schemi! Le foglie sono TUTTO: eh sì, non sono pisellini verdi, ma vere e proprie foglie. Oltre alla forma, un altro aspetto super originale sono le strisce traslucide che le attraversano. Queste caratteristiche hanno fatto guadagnare al Senecio Rowleyanus, il nomignolo di “String of Pearls” (Collana di Perle), ma dalle nostre parti è molto conosciuta come “Pianta del Rosario”. Nomignoli a parte, il Senecio Rowleyanus si differenzia da tutte le altre piante ricadenti citate in questo articolo, per il fatto di essere una pianta succulenta. Ciò vuol dire che il terreno nel quale la si coltiva deve essere differente (più sabbioso, come di solito è quello specifico per piante grasse), ma soprattutto che bisogna stare molto, ma molto, attenti con le annaffiature. Il marciume è dietro l’angolo, se decidete di tenerla dentro casa dovrete tenere a freno le mani e innaffiare sempre per sub-irrigazione, in modo da lasciare asciutto lo strato più superficiale del terriccio. La luce è fondamentale, dev’essere bella intensa. Il Senecio Rowleyanus tollera bene anche qualche ora di sole diretto, quindi, potrebbe cavarsela anche appeso davanti ad una finestra. Comunque, sta benissimo anche su una mensola, ma è dentro una Testa di Moro che trova la sua casa naturale.

Ceropegia Woodii
Senecio Rowleyanus

Considerazioni Finali

Quelle trattate in questo articolo, sono solo alcune delle possibili piante con le quali potete abbellire le vostre librerie e mensole. In generale, una scelta vincente e di impatto, può essere quella di combinare una o più varietà della stessa pianta o di piante simili. Ad esempio, io trovo che un Philodendron Scandens Micans stia molto bene a penzolare accanto ad uno Scindapsus Pictus Exotica; ma le combinazioni possono essere molteplici. L’importante è non fermarsi al primo Pothos. Vedrete, non ve ne pentirete.

Massimo Tortorici

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Perchè la mia pianta non cresce? Tutte le cause possibili

Perchè la mia pianta non cresce? Tutte le cause possibili

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 31 – Aggiornato il 21 Gen

Che voi facciate uso di Grow Lights per far crescere le vostre piante in tutti i periodi dell’anno, o che preferiate far loro seguire il ritmo della natura, il momento in cui una delle vostre amate piante smetterà di crescere arriverà. Questo fenomeno, può avvenire per mille ragioni diverse, ma una macro-ragione è alla base di tutto: la vostra pianta non è a proprio agio.

“Quella Alocasia Polly che mi hanno regalato è ferma lì da quando l’ho vista la prima volta, mesi fa, nessuna foglia nuova”. “Siamo in piena estate e il mio Ficus Lyrata è immobile, neanche fosse finto, se l’avessi saputo non l’avrei comprato”. “Chissà perché la nuova fogliolona del mio Philodendron Squamiferum ha bloccato il suo srotolamento proprio sul più bello”. Queste sono alcune delle domande che, periodicamente, attanagliano i piantologhi aspiranti pollici verdi di tutto il mondo. E sono problemi veri! La soddisfazione di gran lunga principale alla base del possedere e coltivare delle piante in casa, è quella di vederle crescere, una foglia dopo l’altra. In alcuni casi, la crescita di una nuova foglia è un vero evento. È il caso della Monstera Deliciosa, capace di produrre ogni foglia diversa dall’altra; o di qualsiasi altra pianta dalle grandi foglie ornamentali acquistata di piccole dimensioni, e per questa ragione super vogliosi di veder crescere, per abbellire come si deve quell’angolo di casa. Una pianta in costante crescita accende gli entusiasmi, una ferma per mesi li spegne.

Quando aspettarsi la crescita…e quando no

Una premessa va fatta, anche se scontata. Le piante, soprattutto quelle tenute in casa, hanno stagioni vegetative (cioè stagioni di crescita) e di riposo, molto ben delineate. Tutte vanno in riposo in inverno e tutte crescono in primavera. Il loro comportamento nelle altre due stagioni varia da caso a caso. Voi direte “ma come, l’estate non è la stagione vegetativa per antonomasia?” In molti casi no, nel senso che possono verificarsi condizioni che facilitino meno la crescita delle vostre piante, rispetto ad esempio alla primavera. Se una pianta ha avuto problemi in estate, potrebbe riprendersi un po’ in autunno, prima del riposo invernale. Insomma, il ritmo di crescita è influenzato dalle stagioni e dalle condizioni che queste garantiscono. A meno che, ovviamente, non facciate uso di Grow Lights, lampade a LED che emettono luce ad una frequenza utile a stimolare la fotosintesi clorofilliana, integrando la minor luce invernale (o magari dell’angolo semi-buio in cui avete deciso di collocare la vostra pianta). Sapere se la stagione in cui vi trovate è una stagione buona o no per la crescita, è la base.

Tante possibili ragioni di uno stop, una alla base di tutte

Che voi facciate uso di Grow Lights per far crescere le vostre piante in tutti i periodi dell’anno, o che preferiate far loro seguire il ritmo della natura, il momento in cui una delle vostre amate piante smetterà di crescere arriverà. Inutile fare gli scongiuri, è una questione di statistica. Questo fenomeno, può avvenire per mille ragioni diverse, ma una macro-ragione è alla base di tutto: la vostra pianta non è a proprio agio. Naturalmente, ci possono essere svariati gradi di malessere, in genere l’incapacità di produrre nuove foglie è l’inizio di qualcosa di più grave. Non bisogna quindi sottovalutare l’immobilismo. Appena ci si rende conto di ciò, bisogna subito farsi delle domande e cominciare a fare ipotesi, indagando poi su quelle più probabili, fino a che non si arriva alla “radice” del problema, e cioè il vero motivo, o, se non è l’unico, il principale, per cui la vostra pianta manifesta disagio.

Luce inadeguata

In molti casi, l’esposizione che si dà alla nostra pianta, può essere l’unica ragione di un blocco della crescita. Questo è molto vero per piante che hanno bisogno di forte luce diffusa, come il Ficus Elastica (e i suoi cugini ficus), la Monstera Deliciosa (e simili), Strelitzia & co., etc. Se è solo questo il problema, basterà posizionare la pianta in un posto dove riceve una maggior quantità di luce. Occhio però, che la soluzione è sì semplice, ma non immediata. A seconda di quanto tempo sia durata questa condizione di sottoesposizione, la pianta impiegherà poche settimane o mesi a riprendere a crescere. L’importante è non perdere la speranza ed evitare che si becchi parassiti o altri problemi, nel frattempo.

Umidità insufficiente

Per molte varietà di piante, il livello di umidità è un elemento fondamentale. L’umidità le piante l’assorbono in due modi: attraverso l’aria, e, naturalmente, attraverso il terreno. Se l’umidità dell’aria è bassa, questo incide sì, ma sulla qualità della crescita e delle foglie, non sulla non crescita. No, se la vostra pianta è in blocco per un livello di umidità inadeguato, bisogna intervenire sul terreno. Sul terreno, badate bene, non sulla quantità di acqua che le date. Il terreno, molto probabilmente, non è di una composizione/qualità adatta a fornire alla pianta la giusta umidità in modo continuativo. Ciò accade quando c’è troppa torba nel mix, o, certo, quando vi dimenticate di innaffiare per settimane (ma in questo caso la pianta non crescerà mai più, statene certi!). L’unica soluzione è sostituire il terreno inefficace, con un mix drenante (grazie a materiali come il bark e la fibra di cocco), ma in grado di trattenere e rilasciare i nutrienti per diversi giorni (grazie a materiali quali la perlite e la zeolite). In casi estremi, potete sperimentare la coltura semi-idroponica. Situazioni spesso comuni ad Alocasie, Filodendri, Maranta, etc.

Eccessiva umidità

Questo è il caso opposto a quello trattato in precedenza, ed è molto peggio! Il terreno in questo caso non è sufficientemente drenante, e cioè trattiene troppa acqua, portando rapidamente a marciume radicale, come spiego meglio in questo articolo. Il marciume radicale si ripercuote in tempi abbastanza rapidi sulle foglie (ma anche sui fusti), che cominciano a manifestare sui margini macchie nere che si espandono rapidamente. Oltre alla scelta del mix (spesso si fa l’errore di mettere le piante in semplice terriccio universale), altre cause possono essere: l’aver rinvasato la pianta in un vaso sovra-dimensionato rispetto all’apparato radicale; l’eccesso di annaffiature; prolungati ristagni idrici nel sottovaso. In questi casi, non c’è tempo da perdere, bisogna eliminare le radici marce, e stimolare la crescita di nuove radici. Per far ciò avete tre strade: cambiare il mix e andarci molto piano con le irrigazioni (in questo caso irrigate con un antifungino ad ampio spettro, le prime volte); spostare in semi-idroponica; mettere quel che rimane della pianta direttamente in acqua. Queste ultime due soluzioni si applicano a casi estremi di piante ridotte male e ad esemplari di dimensioni contenute.

Attacco parassitario in corso

Una causa del genere è possibile se siete abbastanza sicuri che quanto a luce ed umidità, alla vostra pianta arrivi il giusto. La facilitazione sta nel fatto che in tutti i casi (caso più, caso meno), l’infestazione di un parassita è ben visibile. L’importante è saper comprendere di che parassita si tratta. Per quelli più difficili da individuare, come il ragnetto rosso, potrebbe essere necessaria una lente di ingrandimento, per potersi levare ogni dubbio. Addirittura sarà necessario svasare la pianta per controllare che non ci sia traccia di cocciniglia radicale, nel caso di piante succulente. In ogni caso, ad ogni parassita corrispondono prodotti e cure diverse. Nel caso in cui ve ne accorgiate in tempo, riuscirete a far ripartire la vostra pianta in tempi relativamente brevi. Se l’infestazione è piuttosto estesa, auguratevi che si salvi qualche foglia. Meno foglie rimarranno su una pianta che per natura non perde le foglie perché non soggetta a stagioni fredde, più difficile sarà farla riprendere. Nel caso di pianta grassa attaccata da cocciniglia radicale, beh, se dopo averne ripulito le radici, vedete che non riparte o addirittura continua a peggiorare, ricontrollate le radici, o valutate di “accorciare” la pianta e farla ripartire da zero, con radici nuove.

Varie ed eventuali

Altri fattori possono incidere sulla crescita di una pianta, come la temperatura media dell’ambiente in cui si trova, eventuali shock a cui viene sottoposta a livello di luce (ad esempio se abbassate le serrande ogni volta che uscite di casa), aria (le correnti d’aria fredda non sono certo una botta di vita) e logistici (semmai vi venisse in mente di spostare le vostre piante da una parte all’altra della casa/balcone, alla ricerca di condizioni di luce-calore sempre uguali). Le piante sono esseri viventi “nudi” e come tali hanno bisogno più che mai di vivere in condizioni la cui variabilità sia minima, o comunque graduale. Mai fargli vivere cambi repentini.

Considerazioni Finali

Quelle descritte sopra, sono le cause alla base di un blocco o, come si è detto, di un disagio che può vivere una qualsiasi pianta tenuta in casa. Spesso si può verificare una combinazione di questi fattori. In questi casi però, la pianta non solo è ferma, ma rischia seriamente di morire. Il vostro compito, quindi, è cercare di dare alle vostre piante tutto ciò che occorre per azzerare tutti questi fattori potenzialmente nocivi. Fondamentale sarà l’osservazione e la capacità di mettere insieme gli eventi. Spesso le cose sono più semplici di quanto pensiamo, basta essere sul pezzo e non smettere di trattare le nostre piante come meritano: non semplici pezzi di arredamento, ma vere e proprie coinquiline, compagne di vita.

Massimo Tortorici

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Scritto da Massimo Tortorici, 23 Gen 2022. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Quello che per noi può essere un fattore tutto sommato trascurabile, non lo è per le nostre amiche piante. Molte di loro prediligono un ambiente umido, e cioè danno il meglio di loro quando l’umidità è al giusto livello che, in alcuni casi, corrisponde al 60-70%. Considerato che in casa l’umidità media si aggira intorno al 40%, qualcosa bisogna inventarsela.

L’umidità, questa strana parola. Da piccolo facevo sempre fatica a capire cosa significasse. Per me esistevano il sole e la pioggia, poi spesso mia madre mi diceva, quando mi vestivo per uscire di casa, “copriti bene, che fuori c’è umidità” (e lo fa tuttora eh!). Col tempo ho imparato a comprendere il concetto di umidità (per fortuna), soprattutto nelle estati (e negli inverni) romani e durante diversi viaggi nel sud-est asiatico. Quando siamo fuori di casa riusciamo più o meno tutti a renderci conto se il clima è secco o umido. Già, ma quando ci troviamo a casa nostra, abbiamo la stessa capacità? Situazioni estreme a parte, è molto difficile capire qual è il livello di umidità che abbiamo nelle nostre case. Quello che per noi può essere un fattore tutto sommato trascurabile, però, non lo è per le nostre amiche piante. Molte di loro prediligono un ambiente umido, e cioè danno il meglio di loro quando l’umidità è al giusto livello che, in alcuni casi, corrisponde al 60-70%. Considerato che in casa l’umidità media si aggira intorno al 40%, qualcosa bisogna inventarsela. Certo, non che le nostre care tropicali muoiano se la percentuale di umidità nell’aria non è ottimale. Se però questa è troppo bassa, gli effetti su margini e punte delle foglie saranno evidenti (si seccheranno) e sulla crescita pure (praticamente cresceranno ad una velocità bradipesca).
Ma basta preamboli, vediamo 5 modi facili facili per aumentare l’umidità per le nostre piante!

Usare un nebulizzatore manuale

Diciamocelo, il nebulizzatore è uno strumento che non può mancare nel set di ogni piantologo. Vintage o moderno, in vetro o in plastica, utilizzarlo dà la sensazione di essere passati al livello successivo nella cura delle piante, oltre ad essere un’attività, a tratti, rilassante. Già, ma per le nostre piante il beneficio giustifica il tutto? La risposta è “nì”. Chiariamoci, nebulizzare le foglie di una qualsiasi pianta, ha l’effetto di innalzare in via immediata il tasso di umidità, ma che succede quando le goccioline si asciugano? L’umidità torna ai livelli precedenti, in poche ore, con il risultato che, se vorrete riportare su il livello di umidità, dovrete ri-nebulizzare le foglie delle vostre piante. In sintesi, usare un nebulizzatore manuale ha il suo fascino, ma non è la soluzione più sostenibile nel tempo. Ah, se volete comunque divertirvi a nebulizzare le foglie delle vostre piante, ricordatevi di usare preferibilmente acqua distillata (niente cloro, niente calcare e foglie quindi salve).

Avere un umidificatore

Questa è l’evoluzione del nebulizzatore manuale. Di umidificatori ce ne sono tanti sul mercato, però tutti presentano un problema, lo stesso del nebulizzatore manuale: l’effetto dura poco. Se vogliamo, l’impatto dell’umidificatore è meno aggressivo e più completo, la sua azione mira ad inumidire uniformemente l’intera pianta, con goccioline più piccole. Umidità vera e propria insomma. Anche questo andrebbe attivato quotidianamente, ma almeno fa tutto da solo! Lo svantaggio, però, è che incrementa il tasso di umidità solo nei propri dintorni. Ora, nel caso sia di piccola dimensione, può sicuramente essere spostato da un gruppo di piante ad un altro, facendo trattamenti di un’ora per ogni gruppo, mentre nel caso sia di grandi dimensioni, sarà un po’ più complicato. Per questa ragione, spesso il modo migliore per sfruttare un umidificatore è metterlo dentro una mini-serra fatta in casa. E lì sì che l’umidità sale (e rimane) a bomba!

Disporre le piante vicine tra loro

Questa in realtà è la vera base affinché tutti i metodi per aumentare l’umidità, e i loro effetti, raggiungano il massimo risultato possibile. Tutte le piante, infatti, traspirano umidità attraverso le foglie: tradotto, l’acqua che viene assorbita dal terreno, viene in parte assunta e in parte espulsa in micro-parti attraverso le foglie. Un fenomeno molto comune, che fa capire come le foglie siano, per le nostre piante, strumento di regolazione dell’umidità interna, è la guttazione (gocce d’acqua eliminate dalle foglie). Tornando a noi, quindi, disporre più piante in uno stesso luogo, aiuta a trattenere l’umidità, per quanto possibile. Si crea in un certo senso, un microclima. Certo, non aspettatevi la nebbiolina da foresta tropicale, eh!!

Riempire sottovasi con acqua e argilla espansa

Eccolo! Questo è il metodo migliore per fornire alle piante umidità in modo costante e un minimo duraturo. Brutto, ma tremendamente efficace. Avete due possibilità: la prima è quella di disporre le piante ognuna sopra un sottovaso riempito di argilla espansa; la seconda è quella di mettere uno o due sottovasi pieni di argilla espansa in mezzo ad un gruppo di piante (se volete faticare meno). In ogni caso, vi basterà “innaffiare” il sottovaso fino a che l’argilla espansa non sarà del tutto bagnata; questa si asciugherà in qualche giorno, a seconda della temperatura ambientale, garantendo quindi un apporto di umidità costante e duraturo alla/e vostra/e pianta/e. Già, perché l’argilla espansa trattiene l’acqua, a differenza dei sassi veri e propri e dei “cocci”; motivo per cui va usata quando si vuole trattenere l’umidità, come in questo caso, e non, come spesso avviene erroneamente, per rendere un terreno più drenante.

Coltivare in semi-idroponica

Questa è la soluzione più hard. In questo caso non diamo umidità alla pianta, ma una pianta all’umidità! Battute a parte, questa soluzione a volte può essere fondamentale in due situazioni: 1) la pianta non fa una foglia nuova da mesi e siamo in piena stagione vegetativa; 2) la pianta ha perso molte foglie e rischia grosso. Chiaramente in questo secondo caso, se c’è una qualche malattia fungina, o infestazione parassitaria, bisogna intervenire, non basta solo coltivare in semi-idroponica. La coltivazione semi-idroponica, per chi non lo sapesse, consiste nell’inserire il fusto della pianta, con tanto di radici a vista, e senza residui di terra, all’interno di un recipiente senza fori di drenaggio sul fondo. Il recipiente va riempito di materiale inerte (in genere argilla espansa, o altro genere di materiale inerte). A completare il tutto, l’acqua, che deve essere inserita fino a raggiungere un certo livello all’interno del recipiente-vaso (per questo motivo nel 99% dei casi si usano vasi trasparenti). In questo modo, la pianta assorbirà senza sosta, e nella giusta quantità, l’umidità dell’argilla espansa nella quale è coltivata, con risultati sorprendenti su radici e foglie.

Considerazioni finali

Tutti i metodi brevemente illustrati in questo articolo sono buoni per incrementare l’umidità di piante tropicali e cactacee delle foreste (come l’Epiphyllum, ad esempio). L’umidità non è mai abbastanza, quindi il mio consiglio è di combinare due di questi metodi. L’ideale potrebbe essere mantenere un’umidità di base, con sottovasi pieni di argilla, ogni tanto rinforzata da una bella spruzzata di acqua distillata; sta a voi però decidere quanto peso dare all’argomento. Una cosa è certa: se darete quell’umidità in più tutti i giorni, le vostre tropicali vi ringrazieranno con un’esplosione di clorofilla, foglie, e radici aree (se gli darete anche tutto il resto delle cure, sia chiaro)!

Massimo Tortorici

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Stella di Natale: finite le feste non gettarla via!

Stella di Natale: finite le Feste, non gettarla via!

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 16 – Aggiornato il 9 Gen

Vi sembrerà strano, ma anche la Stella di Natale è un “addobbo” che si può conservare e tirar fuori anno dopo anno all’arrivo delle Feste.

Sono finite le feste di Natale, l’anno nuovo è cominciato da un po’ e nell’aria c’è un grande desiderio comune di fissare nuovi obiettivi, rimettersi in carreggiata. Smontate l’albero (a meno che non apparteniate a quella categoria che aspetta l’arrivo dell’afa estiva, per capire che forse è il caso di farlo!), smantellate il presepe, rimuovete le luci natalizie sul balcone, la ghirlanda sulla porta. Tutto dentro gli scatoloni, pronto per essere riutilizzato al prossimo Natale. Poi l’occhio vi cade su un angolo un po’ nascosto di casa, sull’ultimo addobbo natalizio, o meglio “EX” addobbo: la vostra “era bella rigogliosa”, “era bella rossa”, “era una pianta presentabile” Stella di Natale. Vi avvicinate, la guardate e vi dite “perché ogni anno la compro, se poi deve perdere tutte le foglie tra Natale e Capodanno?” Rabbiose/i la afferrate e senza pensarci un secondo di più la infilate nel sacchetto dell’immondiziaaaALT! Questo articolo è per voi! È un appello a fermarvi, in questi giorni, se non avete già commesso il delitto più comune del post-feste natalizie. Vi sembrerà strano, ma anche la Stella di Natale è un “addobbo” che si può conservare e tirar fuori anno dopo anno all’arrivo delle Feste. Voi direte “ho capito, stai parlando di una pianta finta”. Eh no! Parlo proprio di lei, Euphorbia Pulcherrima, Poinsettia, o più comunemente nota come Stella di Natale. È una pianta, e come ogni pianta si rigenera, anche quando sembra morta stecchita. Basta darle le giuste attenzioni e non farla morire veramente. In questo articolo capiremo insieme, stagione dopo stagione, cosa farne dopo le feste e come riuscire ad ottenere una Stella di Natale gratis l’anno successivo.

Perchè la Stella di Natale perde le foglie

Facciamo una premessa: il 50% (o forse più) delle Stelle di Natale perde le foglie le settimane subito successive all’acquisto. Motivo per cui molti di voi, che l’hanno presa per pianta usa-e-getta, e che quindi la comprano ogni anno, ormai sanno che se vogliono farla arrivare rigogliosa almeno fino a Capodanno, devono comprarla a ridosso di Natale! Già, ma perché le foglie della Stella di Natale cadono? C’è un motivo principale: l’umidità del substrato in cui si trova. Se innaffiate troppo spesso, mantenendo il substrato costantemente troppo umido, le radici cominceranno a marcire e le foglie cadranno come mosche. Se bagnate dall’alto, dovete farlo a terreno semi-asciutto. Se volete però essere più caute/i meglio bagnare per sub-irrigazione, con il sottovaso; 30 minuti al massimo una volta alla settimana circa e vedrete che sarà molto meno probabile annegare la vostra Stella di Natale. Il secondo motivo per cui la vostra Poinsettia perde le foglie è la scarsità di luce. Ricordatevi che si tratta pur sempre di una pianta tropicale, abituata a luce sì indiretta ma intensa; i nostri inverni non sono proprio il massimo in termini di ore ed intensità di luce. Posizionate quindi la vostra Stella dove può prendere luce a sufficienza. Per chiudere il discorso “cure di una stella ancora piena di foglie”, ricordatevi di evitare gli sbalzi termici, non fanno altro che indebolire la pianta ed accelerare la perdita delle foglie.

Inverno

Anche se siete brave/i a mantenere l’equilibrio della vostra Stella di Natale, un po’ di foglie le perderà comunque, cominciando sempre da quelle più basse. Le ultime a cadere sono le foglie apicali e spesso rimangono in piedi solo le famose brattee rosse. Per questo motivo, sia che siate state/i brave/i a mantenere un discreto numero di foglie, sia che, come spesso accade, siate rimaste/i con una Stella di Natale dai rami spogli e solo i fiori in cima, il consiglio che vi do è semplice: potate. Attenzione, non ho detto “buttate”, ho detto “POTATE”. Tagliate i rami, non troppo in basso, perché i germogli dovranno pure uscire da qualche parte sui rami. Eh già i germogli, nuove foglie, e quindi nuova vita inaspettata per la vostra Stella di Natale, che avevate dato per morta. Se siete fra quelle/i che l’hanno messa in un angolo, facendola spogliare totalmente, potatela lo stesso. Finchè c’è verde, c’è speranza: se i rami sono verdi, la pianta è viva e vedrete del lattice bianco uscire dalla “ferita”; se sono secchi, beh, forse è davvero troppo tardi. Fatta la potatura della vostra Stella di Natale, non vi resta che scegliere dove tenerla in casa: meglio una zona ben illuminata, ma senza luce solare diretta. Innaffiatela solo quando il terreno è praticamente asciutto (meglio sempre per sub-irrigazione) e controllate ogni tanto che non ci siano parassiti strani.

Primavera

Qui arriva il bello! Se avete dato alla vostra Stella di Natale una seconda possibilità, vi ripagherà con dei bei germogli, inizialmente piccoli, poi sempre più prepotenti. La regola dello sbalzo termico vale sempre, però, motivo per cui dovrete essere brave/i a tenerla in casa fino a che la temperatura esterna non sarà accettabile e molto simile a quella che avete in casa. Vale a dire: spostarla in balcone sì, ma verso fine aprile/inizio maggio. E mai in posizione particolarmente assolata, ma meglio se in mezz’ombra. Per il resto, acqua, un po’ di concime liquido per piante verdi, e vedrete che con il graduale aumentare delle temperature la vostra Stella di Natale esploderà di foglie, come nessun’altra pianta finora da voi posseduta.

Estate

Siete al giro di boa. Avete salvato la vostra Stella di Natale dal secchio dell’immondizia, l’avete fatta rinascere, ora si è riempita di foglie. Dovete solo proseguire così, assicurandovi di mantenerle, queste foglie. Per riuscirci, dovrete garantirle il giusto apporto idrico (la Stella di Natale, col caldo estivo beve parecchio) e protezione da eventuali attacchi parassitari. I più comuni sono il ragnetto rosso e la cocciniglia. In ogni caso, se vi piacciono un po’ le piante, non dovrete far altro che curarla come fate con le altre vostre piante.

Autunno

Ci siamo, è arrivata la stagione nella quale raccogliere i frutti di tanti mesi di attenzioni, quella in cui finalmente (forse) potrete toccare con mano l’avvicinarsi del Natale. In giro potrete aver letto che, per far spuntare i “fiori rossi” dovrete metterla al buio, garantendole 14 ore di buio, quindi non più di 10 di luce naturale. Impegnativo, vero? Macchè! Se ci pensate bene, il gioco è fatto, le giornate a ottobre-novembre durano 11-10 ore in maniera del tutto naturale! Se avete messo la vostra Stella di Natale fuori in balcone, il momento in cui riportarla in casa dipende sempre dalla stessa famosa regola del no-sbalzo-termico. Valutate voi quindi. L’importante è cercare di minimizzare qualsiasi shock, non solo di temperatura, ma anche idrico e di luce. Riportandola in casa, scegliete un angolo bello luminoso, in una stanza con persiane o serrande sempre aperte, dove la vostra Stella di Natale possa continuare a crescere. Se per caso le bloccate la crescita, beh, addio famosi fiori rossi.

L’impatto della luce artificiale

Si è già detto di come la quantità di luce naturale incida sulla capacità della vostra Poinsettia di dar vita alle tipiche brattee rosse. Anche la luce artificiale ha un impatto, seppur minore, la sua presenza disturba la Stella di Natale. Non le impedisce di produrre le brattee rosse, ma di certo ne riduce l’intensità in termini di rosso. Insomma, se volete arrivare a fine novembre con una Stella di Natale con brattee grandi e di un rosso acceso, datele elevata luminosità naturale e minima luminosità artificiale. So che in molte case è difficile trovare una stanza che abbia queste condizioni, ma se non riuscite a replicarle, cercate di avvicinarvici, senza inventarvi cose strane.

Natale

Il Natale si avvicina, andate in cantina o dovunque teniate gli addobbi natalizi e li tirate fuori, controllate che l’albero sia ancora nelle condizioni di essere messo dritto, scegliete di che colore addobbarlo, cercate di capire quali luci mettere sull’albero e quali all’esterno in balcone. Cominciate a fare beneficienza e a comprare regali, panettoni, generi alimentari di ogni tipo per le feste. Una cosa, questa volta, non dovrete preoccuparvi di acquistarla, perché ormai fa parte della famiglia da un po’ e si è agghindata da sola per far invidia a tutti i vostri amici e parenti che la vedranno: la vostra Stella di Natale chilometro zero!

Massimo Tortorici

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Piante in Casa: le 5 regole da seguire quando si rientra dalle vacanze (estive)

Piante in Casa: le 5 regole da seguire quando si rientra dalle vacanze (estive)

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 28 – Aggiornato 23 Ago 2022

Una nuotata nel mare cristallino, una giornata in barca, un cocktail al tramonto con i piedi nella sabbia, una camminata in mezzo alla natura, una serata passata a bere drink con gli amici…sono tante le attività che si fanno in vacanza, soprattutto in estate, ci si rilassa, il tempo scorre senza che ci si accorga, si spegne il cervello…o quasi. Ogni tanto, un pensiero latente si affaccia nella mente di ogni plantlover che si rispetti: chissà come troverò le mie piante!? La temperatura in casa sarà accettabile? Quante foglie nuove troverò, quante secche? I parassiti staranno banchettando su quale delle mie tropicali? Starà funzionando bene l’impianto di irrigazione esterno? E se passa una tromba d’aria e spazza via tutto? Poi arriva (per fortuna) l’ennesima attività vacanziera, e porta via ogni preoccupazione.

La questione però è solo rimandata, dentro di noi, sappiamo che prima o poi andrà affrontata e che sarà la prima cosa che andremo a vedere una volta rimesso piede in casa.

Vediamo allora cosa fare quando si rientra dalle vacanze estive, per ripristinare il rapporto di fiducia creato nei mesi precedenti con le nostre piccole amiche verdi.

Regola numero 1: spalancate le finestre

Due settimane, o tre, quanto siete state/i fuori? Sia che abbiate ben annaffiato le vostre piante dentro casa prima di partire o che abbiate avuto la fortuna di appoggiarvi su una/un plant sitter, o ancora che abbiate sperimentato qualche metodo innovativo per tenere adeguatamente umido il terreno delle vostre piante, una cosa gli è mancata di certo: l’aria! Spesso sottovalutato, il ricambio d’aria in casa è fondamentale per la salute delle nostre piante. La fotosintesi ha bisogno di una gran quantità di Anidride Carbonica ogni giorno, oltreché di tutta una serie di altri elementi. Anche se avete lasciato uno spiraglio aperto in bagno o se c’è qualche spiffero, la quantità di aria che entrerà non sarà mai sufficiente. Pensate a quanta più aria prenderebbero le nostre piante se stessero fuori, come madre natura ha stabilito. Una pianta al chiuso per due settimane, già dopo 7 giorni respira come può respirare un maratoneta al trentacinquesimo chilometro. Quindi, appena entrate in casa, spalancate le finestre, al resto penserete dopo.

Regola numero 2: innaffiate abbondantemente

Sarà banale, ma ovviamente la seconda cosa da fare è controllare il terreno delle vostre piante. Io di solito annaffio direttamente, con il giusto concime liquido naturalmente, per diversi motivi: di solito faccio le vacanze estive in agosto, stando fuori mediamente 2 settimane, come il 90% degli italiani, e quindi faccio fatica a trovare plant sitters. In più, sono un purista dell’irrigazione classica, e se annaffio le mie piante tanto e poco frequentemente per tutto l’anno, non vado a modificargli l’apporto idrico ricorrendo a qualche strumento “innovativo”, solo perché starò fuori 15 giorni (anche se sono i più caldi dell’anno); preferisco dar loro un trauma da “leggera” siccità, piuttosto che dar loro un trauma da eccesso idrico e di umidità, è una scelta. Quindi, con molta pazienza, prendo annaffiatoio e concime e procedo, senza distinzioni. Ah, utilizzo, insieme al concime, anche un Biostimolante apposito, nello specifico Algatron di CIFO, che serve proprio ad incrementare le percentuali di sopravvivenza di una pianta in vista di shock termici, come spiego meglio in questo articolo. Comunque, chiudo il giro di innaffiata, ripristinando il livello di acqua preferito per le piante in idro- o semi-idroponica. Ovviamente, date una bella vaporizzata di acqua distillata su qualsiasi foglia vi capiti sotto tiro, visto che ci siete.

Regola numero 3: verificate bene la presenza di parassiti

Finestre chiuse, serrande o persiane aperte, luce, caldo, poco ricambio d’aria. È in condizioni come questa che possono fare la loro comparsa odiosi parassiti. In realtà solo un tipo di parassita può facilmente proliferare in situazioni come questa: il ragnetto rosso, o qualsiasi stra-maledetto tipo di acaro. La prima volta che si vive una simile esperienza, è quasi peggio di quando scopri che ti sono entrati i ladri in casa. Un intruso ha banchettato, a tua insaputa, su una creatura che tu hai curato per mesi e mesi con tanto amore, e non hai potuto far nulla per evitarlo. Una volta che ciò accade, dovete sperare che la pianta attaccata sia una sola. Che sia una o più, niente panico. Bisogna essere freddi e agire subito. Se siete fortunati e scovate l’odioso intruso all’inizio del suo banchetto, potete provare a risolvere semplicemente utilizzando un prodotto specifico. Altrimenti, se la vostra pianta è messa davvero male, ci vuole la terapia d’urto. Tagliate via tutte le parti attaccate, pulite bene il resto della pianta, utilizzate pure un prodotto contro gli acari, e portatela fuori, se avete un balcone. Se la pianta era sana prima della vostra partenza, si riprenderà.

Regola numero 4: rimuovete foglie e rami secchi

Se avete anche voi avuto difficoltà a trovare una/un plant sitter e non vi siete fidate/i di cambiare metodo di irrigazione, allora è possibile che qualcuna delle vostre piante abbia risentito dell’assenza di acqua e di umidità. Foglie ingiallite, a volte secche, bruciate ai margini per l’aria troppo secca, sono l’ordinario quando si lasciano le piante a 30 gradi fissi in casa, senza aria né acqua, per 14 giorni e più. Trovare una pianta con qualche foglia gialla è comunque un finto problema: rimuovete le foglie secche o ingiallite, e, nei casi più seri, valutate se procedere con qualche potatura, in modo da sfruttare gli ultimi scampoli di estate per far spuntare qualche germoglio che possa, un domani, rinverdire quello spazio lasciato vuoto. Qualora troviate una delle vostre piante quasi completamente secca, per prima cosa perdonatevi, a tutti può succedere di dimenticare una pianta nel rush di innaffiature pre-partenza; poi, potatela a più non posso, innaffiatela. Con un po’ di fortuna, potrebbe farcela.

Regola numero 5: aiutate la ripresa delle vostre piante con un biostimolante

Ok, queste erano le regole base. Ma ce n’è una un po’ più tecnica che però è anche la più semplice da applicare: irrigare le vostre piante con un biostimolante specifico. I biostimolanti sono prodotti molto utili per dare un boost a piante malandate o non in perfetta forma, aiutandole a riprendersi, colmare gap nutritivi, aumentarne lo stato di salute. Si è già detto di Algatron, ma in questo tipo di situazione, e cioè dopo 2 settimane o più di caldo intenso e scarso, se non nullo, apporto idrico, il biostimolante più appropriato è Sinergon Plus di CIFO. Questo prodotto è infatti perfetto per far riprendere una pianta da shock termici o di qualsiasi altro tipo, e agisce rapidamente. Se però siete state/i previdenti utilizzando Algatron prima di partire, troverete Sinergon utilissimo per l’altro scopo per il quale lo si utilizza: aumentare la capacità della pianta di assorbire gli antiparassitari. Vedrete, a periodo-serra superato e a pericolo post-stress scampato, non dico che ci vorrete fare colazione con i biostimolanti (puzzano in maniera indescrivibile), ma ringrazierete voi stesse/i per aver investito quei pochi euro.

E infine: mettete a posto il resto e godetevi le novità

Avete spalancato le finestre, innaffiato e vaporizzato le chiome delle vostre piante, azzerato i parassiti, rimosso foglie gialle e potato rami secchi? Bene, ora finalmente potete dedicarvi alle classiche attività post-rientro: disfacimento valigie, staffetta di bucati, spesa post-atomica per riempiere il frigo vuoto, etc. Perché si sa, noi plantlovers possiamo pure andare in viaggio, estraniarci e credere di poter vivere senza le nostre amate piante. Ma una volta rientrati a casa, lasciamo la valigia all’ingresso, e la prima cosa che pensiamo è “fammi vedere se quella foglia di Monstera si è srotolata e quanti buchi ha” oppure “chissà se la Polly ha fatto nuove foglie”. E quando scopriamo che tante piante se la sono cavata bene anche senza di noi, in condizioni estreme, è lì che ci proiettiamo inconsciamente alla prossima vacanza. Perché fare un tuffo da una roccia, una giornata in barca, un aperitivo in spiaggia, una camminata fino alla cima di una montagna, una serata speciale in compagnia di amici o consorti, sono tutte esperienze molto belle; rendersi conto di come le nostre amiche verdi crescano e si adattino alle difficoltà è un’esperienza bellissima.

Massimo Tortorici

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Ragnetto Rosso: come riconoscere e affrontare un’infestazione

Ragnetto Rosso: come riconoscere e affrontare un’infestazione

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 15 – Aggiornato il 10 Apr

Copertina

Il ragnetto rosso ama succhiare linfa alle nostre piante quando fa caldo o comunque quando c’è molta poca umidità. Questo gli permette di attaccarsi facilmente alle sue foglie preferite e di rimanerci nudo e crudo a banchettare giorni e giorni.

Siete sedute/i sul vostro divano, in salotto o in terrazzo e d’un tratto vedete cadere una foglia della vostra Plumeria o Frangipane. Se siamo in autunno penserete “è normale, con l’arrivo del freddo perdono le foglie”. Già, ma che succede se questo avviene in piena estate? Vi avvicinate e notate che la foglia è ingiallita e semi-accartocciata sui bordi, le venature sono necrotizzate. Di chi è la colpa? Un nemico invisibile, subdolo, di dimensioni impercettibili, si annida nella pagina inferiore di quella e, probabilmente, di tante altre foglie della vostra pianta: stiamo parlando del Ragnetto Rosso, uno dei parassiti più temuto in dalla primavera inoltrata all’autunno, forse l’unico realmente in grado di attaccare anche le piante tenute dentro casa. In questo articolo proverò a darvi qualche dritta per riconoscerlo e, quindi, combatterlo.

Ragnetto Rosso: descrizione, condizioni e piante preferite

Il ragnetto rosso è un parassita fitofago succhiatore di linfa. Già questo vi fa capire che non è un ragno vero e proprio, con il quale condivide l’aspetto esteriore e il fatto che sia in grado di produrre ragnatele. No, care/i mie/miei, questo maledetto è una vera e propria calamità per le vostre piante! Non tutte però. Riesce facilmente ad attaccarsi a piante le cui foglie sono sufficientemente sottili, ma grandi e succose al tempo stesso. Quindi, per fare qualche esempio: oltre alla Plumeria (o Pomelia, se siete siciliane/i), anche tante altre come Anthurium, Maranta Leuconeura, Stella di NataleAlocasia Polly e molti altri tipi di Alocasia, molte varietà di Philodendron, Ficus Lyrata, giusto per citarne alcuni. Anche gli ortaggi vengono spesso attaccati. Ok, direte, ma gli va bene qualsiasi micro-clima? Qualsiasi no, ma un tipo di micro-clima facilmente riscontrabile nelle nostre case o nei nostri terrazzi, sì: il caldo secco. Il ragnetto rosso ama succhiare linfa alle nostre piante quando fa caldo o comunque quando c’è molta poca umidità. Questo gli permette di attaccarsi facilmente alle sue foglie preferite e di rimanerci nudo e crudo a banchettare giorni e giorni.

I sintomi di un’infestazione da ragnetto rosso

Delle foglie abbiamo già detto. Purtroppo ci si accorge del misfatto quando cominciano ad ingiallire e cadere rapidamente, nel giro di pochi giorni. Per molte piante però ciò può accadere anche per altre cause, come eccesso idrico o, viceversa eccessiva siccità, o ancora per altri attacchi parassitari. In caso vogliate capire se dipenda dalla presenza di ragnetto rosso, vi basterà fare le seguenti verifiche:

  • macchiette gialle diffuse sulle foglie e crescita nuove foglie bloccata
  • foglie arricciate sui lati e appiccicose al tatto
  • presenza di gruppi di piccoli puntini bianchi sulla pagina superiore della foglia
  • presenza di minuscole ragnatele sulla pagina inferiore delle foglie, soprattutto in prossimità della nervatura centrale

Questi ultimi due sono i sintomi più tipici, che non lasciano dubbi. Si tratta di ragnetto rosso (o di qualche altro acaro “cattivo”). Se pensate di vederli camminare gioiosi, vi sbagliate. Non sono grandi come gli afidi, questi si vedono solo con una buona lente di ingrandimento. Ve l’ho detto che sono subdoli!

Il ciclo di vita del ragnetto rosso e gli acari buoni

Il ragnetto rosso lo abbiamo definito “parassita fitofago succhiatore di linfa”, giusto per spiegare in poche parole cosa è e cosa fa. Di fatti, appartiene alla famiglia degli acari. Cosa vuol dire questo? Oltre alla dimensione microscopica, che ne rende difficile l’individuazione, c’è un problema di riproduzione. Già, purtroppo devo dirvi che il ragnetto rosso si riproduce ad una velocità importante. Non si tratta però solo di numeri di uova (ogni femmina in media depone fino a 50 uova), né di velocità di schiusa (15 giorni), ma anche di frequenza. Nelle giuste condizioni di caldo secco e prolungato, il ragnetto rosso può riprodursi più e più volte, fino a quando non arriva la pausa autunno-invernale. Quando le temperature scendono, le uova rimangono per così dire “in stand-by” per poi schiudersi a primavera inoltrata quando comincia a fare caldo. E quindi? O riuscite ad azzerarlo completamente, esemplari adulti, larve e uova, oppure ve lo ritroverete sulla stessa pianta ad ogni primavera.
Per fortuna gli acari non sono tutti così. Anzi, addirittura ce n’è uno che adora cibarsi del ragnetto rosso! Si chiama Phytoseiulus Persimilis, ma gli addetti ai lavori li chiamano anche Acari Fitoseidi. Ne parleremo tra pochissimo.

Come prevenire l’arrivo del ragnetto rosso

Arrivati a questo punto, se siete state/i attente/i, sapete già cosa fare per prevenire un’infestazione da ragnetto rosso. Sì, quella cosa che fate ogni tanto, a volte un pò annoiate/i, che vi fa venire i crampi al polso: nebulizzare, spruzzare, chiamatelo come vi pare; l’importante è che l’umidità sia sempre bella alta. Se volete impedire al ragnetto rosso di attaccarsi e banchettare sulle vostre piante preferite, dovete nebulizzare acqua a più non posso! Maggiore è la  temperatura attorno alla vostra pianta, più spesso vi toccherà fare questo lavoro, ogni 2 giorni magari, e nelle ore più fresche. Non c’è alternativa. Se volete rafforzare le difese immunitarie della vostra pianta, ogni tanto potete approfittarne per nebulizzare anche un prodotto naturale come la Propoli. Questo prodotto risulta molto utile se usato  quando la pianta è o è stata particolarmente stressata da eventi quali potature, correnti d’aria o, appunto siccità e clima secco. Inoltre, nebulizzare continuamente la pianta con acqua ha una contro-indicazione: l’insorgere di malattie fungine. Utilizzando ogni tanto un prodotto a base di propoli, terrete lontano questo spettro.

Come combattere un’infestazione da ragnetto rosso

Se vi accorgete di un’infestazione attraverso i sintomi descritti prima, c’è poco da fare, vi serve una terapia d’urto! Dei teorici rimedi eco-friendly vi parlo nel prossimo paragrafo. Per quanto riguarda l’impiego di prodotti pronti all’uso, purtroppo (o per fortuna) quelli chimici stanno diventando sempre più difficili da reperire sul mercato. Uno dei prodotti che ha “fatto la storia” della lotta al ragnetto rosso, è stato senz’altro PROTECT GARDEN Acaricida Borneo, una soluzione che, mischiata in piccole dosi ad acqua e nebulizzata sulle foglie, è in grado di “sterminare” le forme giovanili, quindi piccoli e uova.

Tornando però sui prodotti di origine naturale, ne citiamo giusto un paio utili alla causa:

KB Insetticida Acaricida: azienda attiva da oltre 30 anni nel settore giardinaggio, la KB produce questo composto già pronto all’uso con comoda bottiglia spray. L’elemento acaricida contenuto in questo composto è l’Olio di Colza che, come anche altri olii vegetali, “disturba” acari e ragnetti andando a stendere sulla foglia un velo che impedisce o comunque rende difficile la respirazione appunto agli insetti fitofagi. Da utilizzare a cadenza regolare fino alla scomparsa del problema, ogni 5-10 giorni, a seconda della gravità dell’infestazione.

Cifotris Bio di CIFO: Questo prodotto, a a base di estratto naturale di ortica agisce sull’acaro/ragnetto in maniera diversa rispetto ad un olio vegetale: va infatti ad esercitare un’azione urticante, rendendo quindi la superficie fogliare semplicemente inospitale per il ragnetto. Anche questo prodotto va utilizzato a cadenza regolare fino alla scomparsa del problema, ogni 7-10 giorni, a seconda della gravità dell’infestazione. Plus ulteriore, l’estratto di ortica è anche un’ottima arma naturale contro afidi e altri fastidiosi parassiti.

Rimedi super naturali contro il ragnetto rosso

Come detto in precedenza, i rimedi naturali per sconfiggere il ragnetto rosso ci sarebbero…il problema è che sono attuabili solo in teoria, almeno nel caso vogliate trattare una o più delle vostre piante ornamentali che tenete in casa o in balcone. Mi spiego. Parliamo di creature in grado di far fuori i ragnetti cibandosene, siano essi ragnetti adulti, larve, o uova. Nello specifico, stiamo parlando della coccinella e del già citato Phytoseiulus Persimilis. Per quanto riguarda la prima, potete pure prenderle le coccinelline, si trovano in commercio. Il problema è farle restare lì ferme sulla vostra pianta (che mi auguro mettiate fuori), a scovare tutti i ragnetti rossi possibili. Il rischio è che, essendo le coccinelle munite di ali, vadano da altre parti a cercare cibo più sostanzioso e abbondante. E non le vendono con il guinzaglio, eh! Quindi, il rimedio “coccinelle” consigliato anche per eliminare gli afidi, va bene, ma solo se avete un piccolo orto, o meglio ancora una porzione di campo coltivato, attaccato da parassiti. Parlando invece di Phytoseiulus Persimilis, ovvero l’ “acaro buono”, ci sono vari produttori che li vendono, in confezioni più o meno pratiche. Ve ne consiglio uno in particolare:
Biotop – acari Phytoseiulus: Venduto in confezioni da 500 acari, viene prodotto su richiesta. Gli acari vengono venduti vivi, devono arrivare vivi, ed essere impiegati sulla pianta altrettanto vivi. Questo vuol dire che, una volta arrivata la confezione, dovete aprirla nel minor tempo possibile e utilizzarla tutta. Dando un’occhiata alle dosi raccomandate, però, si fa presto a capire che anche questo prodotto, come le coccinelle, è ottimo in caso di infestazione su metri quadrati di terreno e non su una o due piante da interno. Poi, certo, nulla vi vieta di comprare 500 acari ed impiegarne una cinquantina. Però è un bello spreco buttarne via il 90% no?

Evitare il ritorno del ragnetto rosso

La sfida non è eliminare il ragnetto rosso al primo attacco. La vera sfida è azzerarlo o comunque fare in modo che non ricompaia più sulla pianta trattata. Già, perchè, sulla base di quanto detto, ogni volta che fate fuori una colonia di ragnetti, è molto probabile che questi abbiano già deposto le uova, in grado di sopravvivere ad eventuali trattamenti. E allora che fare? Durante l’estate nebulizzare quotidianamente il fogliame delle piante attaccate e momentaneamente curate, sarebbe sufficiente, per evitare la schiusa delle uova, ma è veramente improbabile che voi riusciate a farlo tutti i giorni. Per cui la soluzione è una sola: trattare la pianta ai primissimi sintomi di ricomparsa del ragnetto rosso. Non bisogna cioè dargli la possibilità di riprodursi, Fatto ciò, potete star tranquille/i. Certo non è facile, ma se siete in piena estate, vi basterà osservare la vostra pianta “curata” a distanza di 3-4 settimane dall’apparente scomparsa del ragnetto rosso. Se invece siete in primavera, tenete d’occhio le temperature: quando si comincerà ad andare sopra i 25 gradi aguzzate la vista e tenetevi pronte/i. Se riuscirete a debellare per sempre un’infestazione da ragnetto rosso su una delle vostre piante, nulla potrà più spaventarvi!

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I Migliori metodi per combattere (e sconfiggere) gli afidi

I migliori metodi per combattere (e sconfiggere) gli afidi

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 5 Mag  – Aggiornato l’11 Apr

Copertina

Gli Afidi prosperano quando il clima è caldo e sufficientemente secco. Tradotto, da maggio a settembre dovrete senz’altro osservare meglio le vostre piante.

Maggio. Arriva il caldo, le piante in balcone germogliano, i fiori sbocciano copiosamente, gli uccellini cinguettano, le colombe tubano…poi all’improvviso l’idillio si spezza. Le piante che prima germogliavano si fermano, le foglie si fanno più piccole e avvizziscono, i fiori sbocciano deformi, se ce la fanno. Che sarà mai successo? Ci si avvicina alla pianta improvvisamente impazzita, ed eccoli che spuntano, decine di puntini, simili a pidocchi gialli o neri, che se ne stanno lì, vicini fra loro e avvinghiati a foglie e boccioli. Sono gli Afidi, o “pidocchi delle piante”, insetti succhia-linfa infestanti. Rimuoverli è d’obbligo, e in questo articolo faremo una breve lista delle modalità per farlo.

Quando aspettarsi l’arrivo degli Afidi e quali piante possono essere attaccate

Gli Afidi prosperano quando il clima è caldo e sufficientemente secco. Tradotto, da maggio a settembre dovrete senz’altro osservare meglio le vostre piante. Le piante maggiormente gradite a questi piccoli parassiti sono tutte quelle a foglie relativamente morbide, possibilmente produttrici di fiori, quindi Hibiscus, Dipladenia, Passiflora, etc., ma anche le abbondanti fioriture di succulente come i Sedum o i Pachyphytum possono attirarli. Per prevenire l’arrivo degli afidi non è pensabile nebulizzare le vostre piante, anche perché questa è un’operazione che dovreste fare 2 volte al giorno tutti i giorni, per provare a tenerne umide le superfici. Insomma, dovete mettervi l’anima in pace, non c’è un modo reale per prevenire un’infestazione da afidi, a meno ché….non vi accorgiate che le formiche sono improvvisamente aumentate sul vostro balcone. Che c’entrano le formiche con gli afidi? Vediamolo meglio nel prossimo paragrafo.

L’Hibiscus è particolarmente gradito agli Afidi

Il ruolo delle formiche

Le formiche, si sa, sono esseri terribilmente industriosi, le loro qualità, organizzazione, forza, sono decantate in tutto il mondo animale! Ebbene, tra le varie qualità, c’è anche quella di essere degli ottimi “allevatori”. Eh sì, avete capito bene, spesso sono le formiche a creare veri e propri allevamenti di afidi. In inverno custodiscono al sicuro e al caldo, nei loro formicai, gli afidi e le loro uova; con l’arrivo della primavera si parte, uova in spalla, e tutti in fila a sistemare le uova dei nostri piccoli amici! Che storia assurda direte, e invece no. Dovete accostare le formiche all’essere umano e gli afidi alle mucche: noi mungiamo le mucche per il latte, le formiche gli afidi per la melata. Gli afidi, infatti, se stimolati adeguatamente fanno fuoriuscire una sostanza zuccherina di cui le formiche vanno ghiottissime! È un connubio vincente: tu proteggi le mie uova e mi porti a mangiare le mie piante preferite, e io in cambio ti rifornisco ogni giorno del tuo alimento energizzante preferito. QUANTO È BELLA LA NATURA!

Come combattere gli afidi

Ed eccole le soluzioni per combattere gli afidi. Ogni possibile soluzione è adatta ad uno specifico stadio del problema. Provate ad impiegare il metodo più adatto, a seconda di quanto sia avanzato lo stato di infestazione delle vostre piante.

Eliminare le formiche

Se siete sveglie/i e lungimiranti, avrete capito che la prima cosa da fare se volete provare ad evitare l’arrivo massiccio degli afidi sulle vostre piante, è combattere le formiche! Fare questo vi metterà parzialmente al riparo dal problema, perché gli afidi arrivano anche da soli, per via aerea, ma come si dice “sconfiggi le formiche e sei già a metà dell’opera”, no?
Per farlo, a meno ché non vogliate mettervi a pestarle una ad una, o in alternativa, vogliate importare illegalmente un esemplare di formichiere gigante, vi propongo due prodotti poco invasivi:

Johnson Raid Formiche Esca: se avete un balcone piccolo e tutto sommato riparato dagli agenti atmosferici, questa esca-gel può fare al caso vostro. È più adatta per gli interni, per il semplice fatto che non può entrarvi acqua, ma sicuramente è una soluzione pulita e ideale per fare prevenzione sulle formiche. Piazzatene 2-3 ogni 10 mq e dopo qualche giorno le formiche saranno un lontano ricordo.

KB Nexa Formiche Granuli, 250g: il principio è lo stesso del prodotto precedente, solo che il veleno-esca è in micro-granuli e andrà sparso per terra lungo il presunto sentiero di camminamento delle formiche. Va da sé che è un prodotto da utilizzare una volta che si sia effettivamente verificata la presenza di una colonia di formiche che fa avanti e indietro tra un formicaio e i luoghi di lavoro/alimentazione.

Eliminare gli afidi manualmente

Se trovate colonie di afidi concentrate in piccole porzioni di pianta sacrificabili, dovreste considerare di eliminare quella porzione di pianta. Con una piccola sforbiciata, risolvereste l’80% del problema. In alternativa, se avete tempo e pazienza, potreste toglierli uno ad uno, utilizzando uno stuzzicadenti o più cotton-fioc imbevuti di alcol. In alcuni casi, una prima rimozione manuale, può rendere più efficace uno dei metodi descritti nei prossimi paragrafi.

Utilizzare il rimedio della nonna

Quale metodo migliore del vecchio caro “Rimedio della Nonna”? Scaglie di sapone di marsiglia mischiate ad acqua, qualche nebulizzata qua e là e il gioco è fatto! Facile no? Magari lo fosse davvero. Questo metodo ha sicuramente un fondamento: il sapone di marsiglia non danneggia direttamente gli afidi, semplicemente non gli permette di attaccarsi alla pianta. Il problema è che quando l’infestazione è già ad un livello avanzato, ed è lì che in genere ci si accorge della presenza degli afidi, questo metodo non è sufficiente. O almeno, questa è la mia esperienza personale, magari qualcuno è riuscito realmente a debellare una colonia di centinaia di afidi usando sapone di marsiglia e olio di gomito, anzi di polso!

Diventare allevatore di coccinelle

Qui c’è dell’ironia, lo ammetto. Ho letto da molte parti che le coccinelle sono grandi predatrici di Afidi, così come lo sono altri insetti. Quello che non ho mai capito è come e dove ci si può procurare le larve di coccinelle e, onestamente, a parte l’eccitazione di fare un simile esperimento, e al beneficio del tutto naturale di impiegare un insetto bello e simbolico come la coccinella, la trovo una soluzione un po’ utopistica. Comunque, io ve l’ho riportata, per correttezza, scrivetemi pure se avete esperienza diretta in questo senso, sono molto curioso!

Utilizzare insetticidi naturali

Dal momento che ormai è diventato molto difficile procurarsi un prodotto chimico come quelli di una volta, quella dei prodotti naturali rappresenta l’unica via e sicuramente il futuro nel campo della cura di piante ornamentali. La cosa buona è che non danneggiano indirettamente gli insetti impollinatori, quindi potete tranquillamente applicarli anche su piante abbondantemente fiorite.

Di seguito le 3 tipologie di prodotti utili alla causa:

Partiamo dal Sapone Molle (Potassico). Prodotto da molti, può essere acquistato in formati puro, da diluire, o spray, già diluito in acqua. Va detto che questo è un prodotto comunque “soft” e come tale va applicato in uno stadio di infestazione non troppo grave, e avendo cura di eliminare le parti di piante più gravemente infestate. Di fatti, è un concentrato di sapone di marsiglia, ma anche di altri elementi; per cui la sua funzione è quella di “lavare” la pianta dalla sostanza zuccherina prodotta dagli afidi, in modo che non vengano attirati altri insetti. La vera arma da utilizzare contro gli afidi è l’Olio di Neem, che esercita una funzione neurotossica sugli afidi. L’olio di neem è inoltre molto utile per combattere la famosa cocciniglia, prendete due piccioni con una fava, insomma. Tornando a noi, l’ideale è usare i due prodotti in combinazione, utilizzandone uno per lavare la pianta e uno per attaccare direttamente i parassiti, motivo per cui è possibile acquistare i due prodotti anche in una pratica confezione combo.
Se non sarete soddisfatte/i un’altra soluzione può essere un prodotto a base di estratto di ortica. L’ortica esercita un’azione urticante sui parassiti, rendendo le piante trattate tutt’altro che gradevoli e facili da succhiare. Utile anche per la lotta al famigerato ragnetto rosso, questo tipo di prodotto non può mancare nel vostro “armadietto dei medicinali”.

Considerazioni Finali

Gli afidi sono una brutta bestia, oltre a moltiplicarsi velocemente, una volta debellati potrebbero tornare in poche settimane. Non pensate quindi di cantare vittoria tanto facilmente! Per fortuna, di metodi per contrastarli ce ne sono tanti. Spero di aver fatto un po’ di ordine sul tema e di aver fornito qualche spunto interessante. Voi scegliete il metodo che preferite, ma ricordate di non smettere mai di osservare le vostre piante. Prima vi accorgerete del problema, prima ne uscirete.

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Quando e perché è importante usare un concime (liquido).

Quando e Perché è Importante Usare un Concime (Liquido)

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 15 – Aggiornato il 7 Gen

I concimi sono FONDAMENTALI per la salute e la nutrizione di qualsiasi pianta vogliate coltivare in vaso.

Concimi in granuli, a lento rilascio o concimi liquidi, concimi organici o concimi chimici, concimi in polvere, lupini, concimi per piante verdi, fiorate, grasse…concimi su concimi, su concimi! Quando si è alle prime armi e ci si annoia ad innaffiare le proprie piante sempre allo stesso modo, improvvisamente si accende la lampadina, andando a riaprire qualche cassetto della memoria con dentro quella immagine sfocata di quando eravamo al vivaio, tutti presi dal guardare le piante: i Concimi e tutto il resto di quei noiosi prodotti che non vorremmo mai fosse necessario utilizzare (sempre quando si è all’inizio, eh). Ebbene, una volta che vi si è accesa la lampadina e volete saperne di più per capire quale concime utilizzare, fate la vostra bella ricerca su Google ed ecco che vi beccate una bella spataffiata di articoli super-tecnici, dopo la cui lettura vi pentite amaramente di non aver preso una laurea in chimica. E allora perché scrivere un ennesimo articolo sull’argomento, vi chiederete? Ma è chiaro, per mettere ordine e facilitarvi la vita, o almeno ci si prova! La mission di pianteincasa è “rendere facile ciò che in realtà sembra super difficile” quando si guardano i più esperti (e meno male che ci sono anche loro, sia chiaro). Motivo per cui, qui si parlerà del tipo di concime più indicato per chi vuole semplicemente mantenere delle piante dentro casa, e magari anche in balcone (ad eccezione di alberi da frutto e ortaggi, poi capirete perché).

A cosa servono i concimi

I concimi sono FONDAMENTALI per la salute e la nutrizione di qualsiasi pianta vogliate coltivare in vaso. Punto. Le ragioni sono molteplici:

1) il substrato di coltivazione, per quanto di elevata qualità, non potrà mai essere ricco di elementi nutritivi come lo sono i terreni nei quali in natura crescono le nostre piante preferite.

2) le piante coltivate in vaso, non vivono in condizioni di spazio e micro-clima adeguati, o meglio queste non saranno mai identiche alla realtà.

3) conseguentemente ai 2 punti precedenti, le nostre piante saranno, di base, più deboli, e quindi più facilmente deperibili e attaccabili da malattie, parassiti, e altri disastri, di quanto non lo siano le loro parenti in natura.

Ebbene, per colmare tutti questi problemi, avete bisogno di utilizzare un BEL CONCIME!

Nozioni Base

I concimi altro non sono che composizioni di una certa quantità di macro-elementi e micro-elementi. Senza entrare troppo nel merito, ciascuno di questi svolge una certa funzione nel nutrimento della pianta, ma in questa sede, vi basterà sapere che i macro-elementi principali sono tre, come i doni dei Re Magi: Azoto (N), Fosforo (P), Potassio (K). Quella tra parentesi è la nomenclatura chimica di ciascun elemento, la base per poter leggere l’etichetta di un concime, sulla quale troverete queste tre lettere sempre in rigorosa successione, N-P-K, e numeri a seguire. I numeri indicano la quantità percentuale di quel macro-elemento presente nel concime. Ad esempio, un concime NPK 14-5-8, sarà costituito, traducendo, al 14% da Azoto, al 5% da Fosforo, all’8% da Potassio. Ma a cosa servono questi 3?

L’Azoto (N) stimola la crescita delle parti verdi, in tutti i sensi: tronchi, fusti, steli, germogli, fogliame, fiori e frutti; e lo fa anche e soprattutto facilitando la fotosintesi. Decisamente l’elemento più importante.

Il Fosforo (P) incide sullo sviluppo dell’apparato radicale ed è molto importante per il processo di divisione cellulare. Aumenta quindi la capacità della pianta di produrre energia.

Il Potassio (K) influenza la capacità della pianta di conservare acqua e nutrienti, riducendone l’evaporazione dalle foglie. In altre parole, è l’elemento che massimizza la gestione dell’energia.

Tutti e tre questi macro-elementi, concorrono al rafforzamento della salute della pianta, aumentandone la resistenza a parassiti, attacchi fungini e condizioni climatiche avverse (sempre se non state al Polo Nord o in un laboratorio dove si allevano cocciniglie e ragnetti rossi!)

Gli altri macro e micro-elementi sono, in questa sede, trascurabili, aggiungeremmo troppa carne al fuoco.

Differenze tra concimi liquidi e concimi granulari

Ok, se a questo punto della lettura vi siete convinte/i che investire qualche euro l’anno in concimi sia una buona idea, nasce il primo dubbio: meglio un concime liquido o uno granulare? Questa è la scelta principale che dovrete fare, posto che, come vedrete, le case produttrici vi suggeriscono poi un concime per ogni tipo di pianta. Comunque, sbrighiamo subito questa pratica:

  • il concime liquido è facile da dosare, quando si tratta di pochi litri d’acqua, il concime granulare no. E se vi sbagliate con le dosi, nel senso che impiegate troppo o troppo poco concime granulare, le piante trattate potrebbero andare in overdose (letteralmente friggendo le radici) o subire gravi carenze nutritive.
  • Il concime granulare, a lento assorbimento, è soggetto agli agenti atmosferici: se piove troppo, si diluirà troppo in fretta, dissipandosi e quindi non nutrendo la pianta gradualmente, come dovrebbe; il concime liquido è già diluito e quindi il suo apporto alla pianta non varia al variare degli agenti atmosferici.
  • I concimi liquidi possono essere somministrati anche per via fogliare (diluendoli in acqua, secondo le dosi indicate dal produttore) caratteristica molto utile nel caso in cui, ad esempio, dopo 10 giorni il substrato del vostro Ficus Lyrata è ancora bello umido, ma voi sapete (da etichetta) che quel concime va somministrato ogni 10 giorni e non ogni 21.

È evidente, quindi, che le due tipologie di concimi rispondono a situazioni/esigenze diverse.

In quali casi preferire un concime liquido

Sulla base di quanto detto nel paragrafo precedente, la scelta del tipo di concime, se liquido o granulare, dovrebbe ora essere più chiara (spero): se avete un orto o una serie di alberi da frutto, utilizzate un concime granulare (anche perché quelli liquidi, essendo a rilascio immediato, vanno utilizzati più spesso e sono venduti in confezioncine da un litro). Se però le piante che dovete trattare sono tenute in casa o anche in balcone/terrazzo/patio/ingresso, alloggiate in vasi e vasetti, usate un concime liquido. Anche nel caso in cui abbiate delle grosse vasiere decorative messe fuori in terrazzo, meglio un concime liquido (ricordatevi il discorso sugli agenti atmosferici).

Quale concime liquido scegliere?

Ed eccoci arrivati alla parte più pratica: “sì Massimo tutto molto interessante, ma alla fine, quale concime compro?” Se non vi siete già scordate/i i pochi rudimenti di chimica che ho provato a trattare un paio di paragrafi fa, la risposta è già dentro di voi. Ma forse vale la pena specificare qualche concetto 😊

Concimi liquidi per piante verdi (da interno ed esterno)

Quelle che i produttori chiamano piante verdi, altro non sono che il 90% delle specie tropicali che abbiamo tutti in casa (Felci, Pothos, Strelitzia, Ficus, Monstera, Alocasie, Palme, Pilea, Filodendri, Calathee, etc.). Quale sarà il concime migliore per queste piante? Ma è chiaro, un concime con maggior concentrazione di….Azoto! In questo modo le vostre piante non faranno una foglia l’anno, ma daranno la sensazione di essere dei veri e propri esseri viventi e “crescenti”. Scherzi a parte, vi consiglio due prodotti:

COMPO Concime per Piante Verdi: concime con composizione NPK 7-3-6, davvero molto equilibrato, quasi universale. Personalmente lo uso durante il periodo di riposo vegetativo, quindi da Novembre a Marzo, proprio perchè è un concime senza eccessi ed è ciò di cui la pianta ha bisogno in questo periodo.

CIFO per Piante Verdi: concime con composizione NPK 14-5-8, decisamente più sbilanciato sull’azoto. Va da sé che questo concime è una bomba se usato in pieno periodo vegetativo, quindi da Aprile ad Ottobre. Fate una bella scorta, la stagione della crescita è bella lunga e, da manuale, questa prelibatezza va somministrata alle nostre amiche piante circa una volta a settimana (se innaffiate ogni 10 giorni, ogni 10 giorni).

Concimi Liquidi per Piante Fiorite

Qui ci riferiamo a tutte le piante famose per i propri fiori (Hibiscus, Geranio, Gelsomino, Plumbago, Dipladenia, Lantana, Passiflora, etc.), per le quali l’obiettivo è quello di favorire fioriture abbondanti e prolungate nel tempo. Vi assicuro che, salvo continue calamità naturali, la fioritura dei vostri balconi durerà davvero per tutta la bella stagione. Il macro-elemento predominante in questo caso è il Fosforo, ma in generale anche il Potassio è abbastanza presente. Per poter produrre fiori, infatti, una pianta deve avere tanta energia a disposizione, e al tempo stesso deve essere in grado di non disperderla rapidamente. Comunque, questi sono i due concimi che mi sento di consigliare:

CIFO per Piante Fiorite: Pesantemente sbilanciato sul Fosforo, come vuole la linea Cifo, che predilige concimi più sbilanciati sui macro- che sui micro-elementi, andateci piano con questo (leggete sempre l’etichetta con le istruzioni d’uso), ma utilizzatelo senza esitare, soprattutto in primavera/estate. Ah, quasi dimenticavo la composizione, NPK 8-12-6, a riprova di quanto detto sulla predominanza del Fosforo!

COMPO Concime con Guano: Questa è una bella variazione sul tema da provare. La composizione NPK di 3-4-5 è completata da svariati micro-elementi, ma soprattutto dal Guano, elemento noto per le sue proprietà fertilizzanti, che gli da quel tocco di natura ed eco-friendly che molti ricercano al giorno d’oggi. Naturalmente, costa un po’ di più rispetto al precedente, ma può essere una buona soluzione per autunno e inverno.

Concimi liquidi per piante grasse

“Eh no, pure alle grasse il concime no!” direte. Eppure, anche loro appartengono alla categoria, ed essere molto resistenti non vuol dire non aver bisogno di sostanze nutritive, e soprattutto è una qualità che non dura in eterno; a maggior ragione se le nostre amichette sono esposte per certi periodi a temperature basse o sono tenute in casa in condizioni di luce non ottimale. L’elemento principe qui è il Potassio.
Vanno bene per cactus, crassule, agave, aloe, sansevierie, etc.

CIFO Piante Grasse: la composizione NPK 6-6-12 garantisce un buon 25% circa di macro-elementi. Il ferro, quarto elemento predominante, garantisce una colorazione vivida per le vostre succulente. Vi consiglio la confezione piccola, vista la quantità minima che ne userete di volta in volta e la frequenza con cui lo farete.

COMPO Piante Grasse: anche in questo caso vi consiglio il flaconcino da 250ml. La composizione N-P-K 5-5-7 è ancora una volta più equilibrata rispetto al corrispettivo Cifo, dando maggiore spazio agli altri micro-elementi.

E il concime per limoni e agrumi?

Capitolo a parte per i concimi da impiegare su limoni e agrumi. I produttori infatti si concentrano su concimi granulari da disciogliere in acqua, e quindi siamo un po’ fuori dal tema dell’articolo. Vale comunque la pena fare un paio di esempi validi:

CIFO Concime idrosolubile per agrumi da frutto e ornamentali: ben bilanciato sui 3 macro-elementi, è anche ben corazzato di micro-elementi che agiscono contro l’ingiallimento fogliare (ferro) e rafforzano la tenuta e lo sviluppo dei “fruttini”. Da usare ogni 10-15 giorni sul terreno sciogliendo 4,5 grammi di prodotto in 2,5 litri d’acqua. Da provare anche la somministrazione fogliare, con stesse tempistiche, ma dosaggi differenti.

COMPO Concime per Limoni e Agrumi: concettualmente diverso rispetto al precedente, questo è un concime a lento rilascio, e cioè una volta somministrato, siete a posto per 2 mesi, massimo 3. Idealmente dovreste utilizzarlo 4 volte l’anno: inizio primavera, fine maggio, agosto e ottobre. Ricco di azoto, potassio, manganese e una serie di micro-elementi utili alla salute dei vostri agrumi.

Visto il tema dell’articolo, c’è in realtà un concime liquido per limoni e agrumi che mi sento di consigliare. Si tratta di BIOBOB Concime Biologico Concentrato, prodotto da Bioagrotech, un’azienda di San Marino specializzata in trattamenti naturali per l’agricoltura biologica. Essendo un concime liquido, va somministrato un po’ più spesso rispetto ai 2 citati in precedenza, una volta a settimana. Quindi occhio alle scorte.

Considerazioni Finali

Avrete capito ormai che i concimi sono importanti per passare ad uno step successivo nella cura delle piante. La suddivisione per categorie è utile, sia alle nostre piante, sia per soddisfare le aspettative che tutti noi abbiamo quando ne compriamo una. L’uso del concime non va visto come opzionale, ma come basilare per la salute delle nostre piante. Somministratelo con costanza e seguendo sempre le istruzioni del produttore, vedrete che gli effetti positivi non tarderanno a manifestarsi!

Massimo Tortorici

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Le 5 piante più facili da tenere in casa

Le 5 Piante più Facili da Tenere in Casa

. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Quello di arredare casa propria, che sia una villa a due piani o un monolocale, con le piante, lussureggianti tropicali o esotiche piante grasse, è di sicuro uno dei trend del momento. Le piante sono ovunque intorno a  noi, gli stili “esotico”, “etno-chic” e “urban jungle” dilagano nei locali di ultima generazione e sulle riviste di brand di arredamento, impossibile starne fuori. Anche per voi, sedicenti pollici neri. Quella di “essere dei pollici neri” è una delle scuse utilizzata più spesso per tirarsi fuori dalla mischia, quando si parla di avere delle piante in casa. Poi, certo, ci sono tanti altri motivi: mancanza di gusto, disinteresse totale verso il mondo delle piante, o ancora “non sono mai a casa” (una volta forse), oppure “ho un cane/gatto in casa”. Sacrilegio! Gli animali vanno matti per le piante, e comunque ce ne sono molte di innocue (senza spine, nè elementi tossici), tra l’altro difficilmente distruttibili dai nostri amici a quatto zampe.
Ma tornando alla scusa principe, “Non Esistono Pollici Neri” è il motto di pianteincasa.com e uno dei modi che avete per provare a voi stessi questa incontrovertibile verità è comprare una pianta facile da mantenere e mettervi alla prova. Il primo passo è leggere questo articolo fino in fondo;  il secondo è uscire, andare in un vivaio, da IKEA, al supermercato o al chiosco sotto casa, e comprare una di queste 5 piante!
PS:  non inserisco cactus o piante notoriamente conosciute come “piantine grasse” perchè quelle di default fanno parte della classifica. Molto di quanto leggerete nelle prossime righe, comunque, vale anche per loro.

Dracena

Questa pianta, di cui esistono numerose varietà, è facilmente rintracciabile in numerosi uffici o negozi, e già questo è sintomo di alta adattabilità e praticità di manutenzione. Un altro dei motivi è sicuramente il portamento, dal momento che cresce in altezza e che quindi risulta perfetta per essere collocata in ambienti piccoli. Compacta, Fragrans (nota anche come Tronchetto della Felicità, Marginata. Sono queste le tre varietà più diffuse e apprezzate, ma ce n’è davvero per tutti i gusti. Veniamo alle cure: praticamente quasi nulle! La Dracena resiste parecchio alla siccità, diciamo che regge tranquillamente 3 settimane senz’acqua (a meno che in casa vostra non facciano 30 gradi di media!); per sicurezza meglio non andare oltre un’annaffiatura ogni 2 settimane, in estate. In termini di esposizione, come ogni pianta che si rispetti vive sicuramente meglio in una zona luminosa, sopportando egregiamente anche un paio d’ore di luce diretta  senza rovinarsi, ma se volete abbellire una zona non così luminosa della casa, la Dracena dovrebbe comunque andar bene! Sufficientemente resistente anche agli sbalzi di temperatura, evitate solo di metterla davanti a stufe, termosifoni, condizionatori. Difficilmente viene attaccata dai parassiti (a meno che non la teniate quasi al buio e la innaffiate ogni due giorni).

Falangio

Forse la meno facile tra le facili di questo articolo, il Falangio, noto anche come Nastrino, Spider Plant, o, per gli appassionati di botanica, come Chlorophytum, va comunque incluso di diritto in questa breve lista. Pur essendo originario dell’Africa Meridionale, quindi abituato per natura a climi caldi, non è raro vederlo in inverno mezzo-agonizzante in una vasiera fuori da qualche negozio. “Mezzo” però, perchè poi con la primavera si riprende alla grande, eccome! Comunque, il modo migliore per tenerlo in salute e metterlo in casa. Per il portamento cespuglioso, risulta perfetto su una credenza, al centro di un tavolino, sopra una libreria o, per i più audaci, appeso con un gancio al soffitto. Tenuto alla temperatura giusta, necessita davvero di poche cure: una buona bagnatura ogni 10/14 giorni, dipende da quanto il terreno impiega ad asciugarsi, parecchia luce indiretta a disposizione, e ogni tanto una nebulizzata di acqua (meglio se distillata) sulle foglie. Quest’ultimo è l’accorgimento che rende il Falangio la pianta più difficile tra le facili. Valutate voi se è troppa fatica!

Pothos

Tutti voi avrete visto una pianta di Pothos scendere abbondantemente da una mensola o da una libreria a casa di un amico, o direttamente da un cestino appeso al soffitto in un locale e avrete sicuramente pensato: bella, ma quanto deve essere scomodo annaffiarla! Quello che però non sapete è che questa, in molti casi scomoda operazione, va fatta mediamente (quello che fa la differenza è quanto è asciutto/bagnato il terreno) una volta ogni 8-9 giorni in estate, una ogni 2 settimane in inverno. Poi, certo, se proprio vi da noia, potreste anche optare per una crescita in altezza su di un sostegno, ma non vorrete mica trasformare casa vostra nell’ingresso di un palazzo o in un ufficio, giusto? Non confondetevi con lo scindapsus o il philodendron scandens, sono molto simili, ma il pothos, anche noto come epipremnum ha foglie più resistenti, cresce ad una velocità doppia, e vive bene anche se la sua chioma non viene nebulizzata ogni settimana. Pur amando avere acqua quando il terreno si asciuga, resisterà egregiamente anche se tarderete l’innaffiatura di qualche giorno. Se volete esaltarne la variegatura delle foglie, piazzatelo in un luogo bello luminoso; vice-versa, resisterà lo stesso, ma sarà sicuramente meno bello, a voi la scelta..

Sansevieria

Questa pianta, molto in voga negli anni ’70 e ’80, è tornata recentemente di moda, probabilmente perchè, oltre ad essere altamente decorativa per via delle sue foglie dai colori vivi, è anche molto facile da mantenere in casa. Prendete i punti di forza descritti per la Dracena e moltiplicateli per due. La Sansevieria è doppiamente resistente, doppiamente adattabile, doppiamente poco ingombrante. Potete innaffiarla anche solo una volta al mese durante l’inverno, un po’ di più durante l’estate, resiste alla grande anche in situazioni di scarsa luminosità, anzi, nel caso in cui  venga posta ad esempio in un ambiente nel quale la luce viene dall’alto, tipo una mansarda, le foglie tenderanno a crescere il più possibile in altezza, seppure molto lentamente. Mai vista una Sansevieria attaccata dai parassiti, il danno maggiore che può subire è un eccesso idrico, ma come detto, una volta ogni 20-30 giorni è una buona frequenza di irrigazione. Occhio se siete inclini al collezionismo, potreste prenderci pericolosamente la mano (ne esistono circa 70 varietà, tutte tremendamente belle).

Zamioculcas

Eccoci al mostro finale, anzi in questo caso alla vera regina della categoria. La Zamioculcas, a volte chiamata erroneamente Zamia,  è una pianta che, fino a qualche anno fa, non esisteva neanche sui libri botanici, a momenti. Ma ora si è decisamente presa la scena: vi basterà andare in qualsiasi reparto piante di qualunque supermercato per trovarne qualche esemplare in vendita. Il motivo? È in assoluto la pianta apparentemente non succulenta più facile da mantenere! Come detto, è solo “apparentemente” non succulenta, perchè in realtà lo è a tutti gli effetti. Questo è l’aspetto principale che dovrete tenere in mente in ottica manutentiva: la Zamioculcas può essere innaffiata anche una volta al mese in inverno, o comunque deve esssere bagnata quando il terreno è molto asciutto, un pò come acccade per le Sansevierie. In questo caso possiamo dire che, meno cure le date, meglio è…dimenticatevela se possibile! L’aspetto incredibile nonostante il verde brillante delle sue foglie carnose, è che resiste benissimo in condizioni di scarsa luminosità.


Considerazioni Finali

Che dire, che siate a vostra insaputa amanti delle piante, o persone apparentemente non interessate all’argomento, vale sempre la pena comprare una o due piante di questa breve lista. Fate finta si tratti di pezzi di arredamento (anzi no, lo sono a tutti gli effetti)  e vedrete che senza fare particolari sforzi, alla fine ne sarà valsa la pena!

Massimo Tortorici

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